[ CDM-1543934128-1 ]

L’attività riguardante gli stabilimenti a rischio d’incidente rilevante è attualmente normata a livello Europeo dalla Direttiva 2003/105/CE (così detta Seveso III) ed a livello nazionale dal D.Lgs. 105/2015, che ha abrogato il precedente D.Lgs. 334/1999 e s.m.i.; in attuazione dell’art.14 del sopracitato D.Lgs. 334/1999 era stato emanato il D.M. 9 maggio 2001, n.151 quale normativa nazionale di riferimento per il controllo dell’urbanizzato in prossimità degli stabilimenti a rischio d’incidente rilevante e, pertanto, con ricadute in ambito urbanistico-edilizio.  Di seguito un affondo sulla normativa nazionale di riferimento:

  • D.Lgs. n.105/2015 “Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi a sostanze pericolose”; 
  • D.G.R. di Regione Lombardia n. IX/3753 del 11 luglio 2012 “Linee guida per la predisposizione e l’approvazione dell’elaborato tecnico rischio di incidenti rilevanti (ERIR)”; 
  • D.M. 9 maggio 2001, n.151 “Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante”.

[ CDM-1543934128-2 ]

Il D.M. 9 maggio 2001, n.151 ha stabilito l’introduzione di requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale e urbanistica; tali requisiti sono definiti dall’Elaborato RIR, il quale deve introdurre opportune distanze di sicurezza tra le attività a rischio esistenti e le nuove trasformazioni urbane, così da rappresentare un riferimento per la destinazione e utilizzazione dei suoli in futuro, senza determinare vincoli alla loro edificabilità.

[ CDM-1543934128-3 ]

In ambito regionale, nel 2012 sono state emanate le “Linee guida per la predisposizione e l’approvazione dell’elaborato tecnico rischio di incidenti rilevanti (ERIR)” approvate con D.G.R.  n.IX/3753 dell’11 luglio 2012.

[ CDM-1543934128-4 ]

Successivamente, con l’emanazione del D.Lgs.     105/2015, ed, in particolare, con quanto previsto al comma 4 dell’articolo 22 dello stesso Decreto (“Analisi del territorio e controllo dell’urbanizzazione”), viene indicato che le disposizioni contenute nel D.M. 9 maggio 2001, n.151 rimangano valide fino all’emanazione, da parte del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di un Decreto sulle “Linee Guida in materia di assetto del territorio, per la formazione degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale e delle relative procedure di attuazione per le zone interessate dagli stabilimenti, nonché stabiliti i requisiti minimi di sicurezza..”(comma 3). 
Al comma 2 dell’art. 22 il D.Lgs. 105/2012, viene stabilito che, nelle zone interessate dagli stabilimenti, gli Enti territoriali, nell’elaborazione e nell’adozione degli strumenti di pianificazione dell’assetto del territorio, tengono conto, in base agli elementi informativi acquisiti (…) della necessità di: 

  • prevedere e mantenere opportune distanze di sicurezza tra gli stabilimenti e le zone residenziali, gli edifici e le zone frequentate dal pubblico, le aree ricreative e, per quanto possibile, le principali vie di trasporto; 
  • proteggere, se necessario, mediante opportune distanze di sicurezza o altre misure  pertinenti, le zone di particolare interesse naturale o particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, nonché tra gli stabilimenti e gli istituti, i luoghi e le aree tutelati ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n.42, che si trovano nelle vicinanze degli stabilimenti; 
  • adottare, per gli stabilimenti preesistenti, misure tecniche complementari per non accrescere i rischi per la salute umana e l’ambiente. 

In generale, il D.Lgs. n.105/2015 ha aggiornato la norma precedentemente vigente (D.Lgs. n.334/99, come modificato dal D.Lgs. n.238/2005), confermando sostanzialmente l’impianto e, per quanto riguarda l’assetto delle competenze, l’assegnazione al Ministero dell’interno delle funzioni istruttorie e di controllo sugli stabilimenti di soglia superiore (già definiti come “articolo 8” ai sensi del D.Lgs. n.334/99) ed alle regioni delle funzioni di controllo sugli stabilimenti di soglia inferiore (già definiti come “articolo 6” ai sensi del medesimo Decreto Legislativo).  Inoltre, è stato aggiornato l’elenco delle sostanze pericolose e delle relative soglie di assoggettabilità, in conformità alla nuova direttiva. 
Con il D.Lgs. n.105/2015, al fine di garantire la piena operatività delle disposizioni previste, vengono inoltre aggiornate e completate tutte le norme di carattere tecnico necessarie per la sua applicazione (allegati da A ad M). Si tratta in particolare della consistente decretazione attuativa, già prevista dal D.Lgs. n.334/99, ma emanata solo parzialmente nel corso degli anni passati. La completezza del provvedimento permette dunque ai gestori degli stabilimenti rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva Seveso III ed alle amministrazioni coinvolte di disporre di un vero e proprio “testo unico” in materia di controllo del pericolo di incidenti industriali rilevanti che definisce contestualmente ogni aspetto tecnico ed applicativo senza la necessità di riferimenti a successivi provvedimenti attuativi. L’articolo 15 del D.Lgs. n.105/2015 al comma 1 prevede che, per gli stabilimenti di soglia superiore il gestore debba redigere un rapporto di sicurezza in cui vanno individuati i pericoli di incidente rilevante e i possibili scenari di incidenti rilevanti, le misure necessarie per prevenirli e per limitarne le conseguenze per la salute umana e per l’ambiente, nonché la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti ed il sistema di gestione della sicurezza.

[ CDM-1543934128-5 ]

In particolare, ai sensi di quanto individuato nel D.M. 9 maggio, n.151 e nella D.G.R.  n.IX/3753 dell’11 luglio 2012, i possibili scenari incidentali ed, in particolare la possibilità di danni a persone o a strutture è definita sulla base del superamento di valori di soglia specificatamente individuati (si veda la Tabella 2 del D.M. 9 maggio 2001, n.151 riportata in Tabella 2.2.1 della D.G.R. n.IX/3753 dell’11 luglio 2012). 
Per ciascuno degli scenari incidentali individuati dal gestore vengono individuati tre areali di probabile danno, di forma circolare e concentrica, comunemente chiamati “aree di danno” e corrispondenti alle zone che devono essere sottoposte a specifica regolamentazione: Zone I, II e III; queste Zone rappresentano le porzioni di territorio che possono essere coinvolte nel singolo scenario incidentale cui corrispondono diverse tipologie di effetto sull’uomo e sul patrimonio costruito: 

  • letalità, nella Zona I di impatto (suddivisa in elevata letalità ed inizio letalità);
  • lesioni irreversibili, nella Zona II di danno; 
  • lesioni reversibili, nella Zona III di attenzione; 
  • danni alle strutture ed eventuali effetti domino. 

In tale contesto normativo, il D.M. 9 maggio 2001, n.151 introduce il concetto di “distanze minime di sicurezza” quale elemento di prevenzione; più precisamente, con il termine “distanze minime di sicurezza” si intendono le misure dei raggi degli areali di danno, stimate per ciascuno scenario incidentale, aventi centro in corrispondenza del punto di origine (o sorgente) dell’evento incidentale stesso. 
Sono le Zone ricadenti in tali areali a costituire le aree da sottoporre ad una specifica regolamentazione urbanistico-edilizia che si esplicita ai diversi livelli di pianificazione. Oggetto del presente ERIR è, quindi, la definizione di opportune destinazioni d’uso ed indici di edificabilità all’interno di questi areali, ai sensi di quanto disciplinato dal D.M. 9 maggio 2001, n.151 e dalla D.G.R. n.IX/3753 dell’11 luglio 2012. 
A tal proposito, è opportuno osservare che la il D.Lgs. 105/2015 sancisce la necessità di definire una regolamentazione dell’uso del suolo non solo in quei Comuni in cui ha sede lo stabilimento a rischio, ma anche in tutti gli altri Comuni interessati dalle aree di danno. Infatti, al comma 5 dell’art.22 viene indicato che spetta alle Regioni il ruolo di coordinamento delle normative in materia di pianificazione urbanistica, territoriale e di tutela ambientale (...) prevedendo anche opportune forme di concertazione tra gli enti territoriali competenti, nonché con gli altri soggetti interessati. Inoltre, al comma 6 del medesimo art. 22 viene sancito che gli enti territoriali di area vasta (di cui all’art.1, commi 2 e 3 della legge 7 aprile 2014 n.56) individuano, nell’ambito dei propri strumenti di pianificazione territoriale, con il concorso dei comuni interessati, le aree sulle quali ricadono gli effetti prodotti dagli stabilimenti, acquisendo, ove disponibili, le informazioni contenute nell’ERIR. 
Inoltre, anche il Paragrafo 2 dell’Allegato al D.M. 9 maggio 2001, n.151 indica la necessità, in sede di pianificazione di area vasta, di individuare e definire i rapporti tra localizzazione degli stabilimenti e limiti amministrativi di competenza comunale, in particolare nelle situazioni in cui gli stabilimenti siano collocati in prossimità dei confini amministrativi comunali e comportano un allargamento dei fattori di rischio sui comuni limitrofi, promuovendo anche procedure di co-pianificazione e di concertazione.

[ CDM-1543934128-6 ]

Anche la normativa vigente in materia di governo del territorio (L.R. 12/2005 e s.m.i.) prevede che tra i contenuti dello strumento urbanistico comunale, (PGT), ci sia l’individuazione delle aree di danno generate dalla presenza sul territorio di una o più aziende a rischio di incidente rilevante; nello specifico, al TITOLO II - STRUMENTI DI GOVERNO DEL TERRITORIO - CAPO II pianificazione comunale per il governo del territorio, la normativa definisce che: 

  • Art. 8 (Documento di Piano) 1. Il documento di piano, anche avvalendosi degli strumenti di cui all’articolo 3, definisce (..) il quadro conoscitivo del territorio comunale, come risultante dalle trasformazioni avvenute, individuando i grandi sistemi territoriali, il sistema della mobilità, le aree a rischio o vulnerabili (…); 
  • Art. 10 (Piano delle Regole) 1.Il piano delle regole (..) individua le aree e gli edifici a rischio di compromissione o degrado e a rischio di incidente rilevante ai fini della definizione degli ambiti del tessuto urbano consolidato e delle relative indicazioni vincolanti che producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli. 

Pertanto, le prescrizioni contenute nel presente ERIR sono recepite dal PGT di Milano, senza generare vincoli all’edificabilità dei suoli; infatti, ai sensi del D.M. 9 maggio 2001, n.151, i suoli interessati da tale regolamentazione non perdono la possibilità di generare diritti edificatori e l’edificazione potrà essere trasferita oltre una distanza minima prescritta, su aree adiacenti oppure su altre aree del territorio comunale. 
La compatibilità territoriale viene valutata sulla base dell’identificazione delle Categorie Territoriali ammissibili all’interno delle aree di danno stimate dai gestori, ai sensi di quanto indicato nelle Tabelle 1, 3a e 3b del D.M. 9 maggio 2001, n.151 (riportate nella D.G.R. n.IX/3753 dell’11 luglio 2012 nelle Tabelle 3.2.4.1, 3.2.4.2 e 3.2.4.3). 
Tali Categorie sono funzione sia della natura dei danni imputabili al verificarsi di ciascun evento incidentale previsto dal gestore (letalità, lesioni irreversibili, lesioni irreversibili) sia della Probabilità di Accadimento associata al singolo evento incidentale considerata in Classi (<10-6, 10-4:10-6, 10-3:10-4, >10-3); entrambe vengono stimate dal gestore sulla base di analisi di rischio specifiche che, per le aziende soggette agli adempimenti dell’art.15 del D.Lgs. 105/2015, sono riportate nel “Rapporto di Sicurezza” che deve essere validato da un Comitato Tecnico Regionale (art. 10 del D.Lgs. 105/2001). 
In particolare, i danni imputabili alle singole ipotesi incidentali vengono stimati in funzione del superamento di valori di soglia, individuati nella Tabella 2 del D.M. 9 maggio 2001, n.151 (riportata nella Tabella 2.2.1 della D.G.R. n.IX/3753 dell’11 luglio 2012); al di sotto di tali valori si ritiene convenzionalmente che il danno non accada ed al di sopra di questi si ritiene che il danno possa accadere. 
La compatibilità ambientale, invece, viene valutata ai sensi di quanto indicato nel Paragrafo 6.3 dell’Allegato al D.M. 9 maggio 2001, n.151 e nel Paragrafo 2.4.2 della D.G.R. n.IX/3753 dell’11 luglio 2012, sulla base del verificarsi di un possibile danno ambientale all’interno dell’inviluppo geometrico delle aree di danno. Tale valutazione, che si concretizza nella definizione di una Categoria di Danno Ambientale (significativo o grave) viene effettuata dal gestore tenendo conto dei possibili rilasci incidentali di sostanze pericolose e dei tempi di ripristino connessi ad una eventuale bonifica; ai sensi del D.M. 9 maggio 2001, n.151 si intendono danni ambientali “significativi” quando i tempi stimati di bonifica e ripristino ambientale delle aree non supera i due anni, mentre si intendono danni ambientali “gravi” quando i tempi stimati di bonifica e ripristino ambientale delle aree supera i due anni. Al fine di valutare la compatibilità ambientale con le nuove trasformazioni anche inerenti l’attività produttiva, l’ipotesi di Danno Significativo è da considerarsi compatibile, mentre l’ipotesi di Danno Grave non compatibile.