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L’idrografia del territorio Milanese ha subito un profondo rimaneggiamento già a partire da epoche molto antiche. Secondo alcune ricostruzioni, infatti, l’attuale centro storico, area di insediamento di epoca celtica prima e romana poi, era compreso tra gli alvei del Nirone e del Seveso1. Si trattava verosimilmente di una zona molto ricca d’acqua, con probabilmente aree paludose alimentate da risorgive che poi in epoche successive saranno captate attraverso i fontanili.
Le prime trasformazioni sono avvenute già in epoca romana quando è stato creato il primo fossato che cingeva la città fortificata, alimentato in origine, per l’appunto, dal Nirone e dal Seveso. Lungo il tracciato di tale fossato si sviluppano ancora due condotte, ora tombinate, denominate Piccolo e Grande Sevese, delle quali il secondo fa tuttora parte del reticolo idrografico minore. Le acque di tale fossato attraverso il canale Vetra si riversavano, e in parte vengono tuttora addotte, nella roggia Vettabbia2
Un secondo fossato, più ampio del primo, fu creato nel 1155, e corrispondeva alla così detta cerchia dei Navigli, giunta intatta fino quasi ai giorni nostri. Infatti, fu prima coperta per ragioni igieniche sanitarie con vari interventi tra la fine dell’800 e gli anni 30 del secolo scorso, e poi definitivamente interrata tra il 1968 e il 1969, in relazione a problemi di natura strutturale delle coperture stesse.
Sempre in epoca medioevale, con vari interventi tra il 1100 e il 1300 fu realizzato il Naviglio Grande, che permetteva il collegamento con il Ticino e il Lago Maggiore, quindi nella seconda metà del ‘400 il Naviglio Martesana, di epoca sforzesca, che consentiva il collegamento con l’Adda, e infine, tra la prima metà del ‘600 e l’inizio dell’800, attraverso vari fasi e traversie il Naviglio Pavese, che metteva in comunicazione il centro di Milano con Pavia e quindi con il Po verso l’Adriatico.
Il quadro che si presentava verso la fine dell’800, ovvero nel periodo immediatamente successivo a quello in cui la rete idrografica milanese ha raggiunto il suo massimo sviluppo, era quindi caratterizzato da un sistema che pur incentrato sui Navigli, presentava una fitta rete irrigua che trovava alimentazione, oltre che dai corsi d’acqua locali (Lambro, Olona ecc.), da una fitta rete di fontanili (cfr. Cartografia di individuazione degli ex alvei) e dal Canale Villoresi, realizzato a solo scopo irriguo tra il 1877 e il 1890. Per quanto riguarda i fontanili, questi non erano più le emergenze naturali che dovevano caratterizzare l’area di Milano in epoca protostorica, ma si trattava di fosse, che solo in parte ci sono pervenute, talora profonde anche oltre 5 m dal piano campagna, che andavano ad intercettare la falda freatica ove questa è relativamente superficiale. Spesso l’emergenza delle acque era favorita dalla posa di tubazioni di drenaggio che andavano ad intercettare anche gli acquiferi sottostanti. Tali fontanili oltre ad alimentare la rete dei canali superficiali, avevano probabilmente anche funzioni di bonifica e di controllo del livello delle falda superficiale.

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Il confronto tra la rete attuale e quella di fine ‘800 mostra che si è passati da uno sviluppo complessivo di circa 900 km ai circa 510 km attuali, con quindi una perdita di circa il 40% rispetto alla rete ottocentesca. In effetti il reticolo, persa in ampie parti la sua funzione irrigua, è stato via via cancellato dall’espansione delle aree urbane. Tale processo non è stato tuttavia omogeneo e ha riguardato soprattutto il centro storico e il quadrante settentrionale, dove la rete di canali è scomparsa pressoché completamente, fatto salvo il reticolo idrografico principale, ovvero dove, forse non del tutto casualmente, si hanno i principali problemi di alluvionamento delle aree cittadine.
Nel contempo, il progressivo abbassamento del livello piezometrico della falda freatica legato per lo più ai prelievi industriali, ha provocato il prosciugamento della maggior parte dei fontanili, che si sono conservati solo in alcune aree periferiche poste ai confini con i comuni di Cusago, Cesano Boscone e Settimo Milanese e, in minore misura, lungo il Lambro. Attualmente nel territorio di Milano sono presente circa 30 fontanili, di una ulteriore decina sono visibili tuttora le “teste” ma risultano perennemente in secca. In origine, sulla base della ricostruzione storica condotta nell’ambito del presente studio, vi erano non meno di 150 fontanili in tutto l’attuale territorio comunale, con una distribuzione relativamente omogenea, seppure con un maggiore densità nel settore Nord occidentale e Sud orientale.
 

Si veda a d esempio http://blog.urbanfile.org/2013/12/21/milano-i-fiumi-nascosti-di-milano/
Cfr. GENTILE A et alii (2003)