[ CDM-13PR-1571756863-1 ]

La normativa di riferimento in materia di individuazione ed assoggettamento al regime demaniale dei beni del demanio idrico è il Codice civile: l’art. 822 dispone che “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico (…) i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (…)”. La “legge in materia” è stata, fino al 1999, il R.D 11 dicembre 1933, n. 1775 “Approvazione del Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici” che all'articolo 1 disponeva “Sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, considerate sia isolatamente per la loro portata e per l’ampiezza del rispettivo bacino idrografico al quale appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico e generale interesse.” La disposizione poneva come requisito ai fini della demanialità che le acque avessero già o acquistassero l’attitudine ad “usi di pubblico e generale interesse.
In applicazione di tale normativa lo Stato ha iscritto in appositi elenchi le acque ritenute pubbliche sulla base dei requisiti di cui sopra. E’ interpretazione consolidata dalla giurisprudenza che la classificazione delle acque come pubbliche e quindi inserite in specifici elenchi derivasse unicamente da uno stato giuridico già esistente: l’acqua era da considerarsi pubblica non in ragione dell’iscrizione negli elenchi, ma proprio per le sue insite caratteristiche e qualità “accertate” dalla Pubblica Amministrazione. L’iscrizione negli elenchi aveva quindi natura “dichiarativa” di uno status giuridico posseduto ab origine dall'acqua. Tale procedimento lasciava aperta la possibilità di ricorrere avverso l’iscrizione, al fine di accertare e dichiarare caso per caso il carattere privato dell’acqua.
L’art. 1 del R.D 1775/1933 è stato abrogato dal D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, Regolamento recante norme per l'attuazione di talune disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, che sanciva “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico tutte le acque sotterranee e le acque superficiali, anche raccolte in invasi o cisterne.”
Quest’ultima disposizione è stata successivamente superata dall'articolo 144 del D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” che al comma 1 dispone: “Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.” Quest’ultima disposizione è quindi l’attuale “legge in materia” a cui rimanda l’articolo 822 del Codice Civile.

In sintesi è pertanto possibile affermare che appartengono al demanio dello Stato i fiumi, i torrenti, i laghi e tutte le acque superficiali e sotterranee ancorché non estratte dal sottosuolo. In tale complesso di beni costituenti la demanialità idrica sono, ovviamente, comprese anche tutte le acque già dichiarate pubbliche (demaniali) ai sensi della previgente disciplina ed iscritte negli appositi elenchi emanati fino al 1994.

Appare chiaro in modo inequivocabile che nell'ordinamento legislativo italiano degli ultimi anni vi è stata una progressiva estensione della demanialità idrica a scapito del dominio privato sulle acque fino a giungere alla definizione netta contenuta della norma del 2006 ed alla sostanziale eliminazione di fatto delle acque classificate come private. 

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Chiarito che le acque (tutte, non più solo quelle iscritte negli elenchi) appartengono al demanio dello Stato occorre definire l’estensione del complesso delle pertinenze demaniali, dal momento che i corsi d’acqua ed i laghi si compongono oltre che della massa liquida, anche dell’alveo e delle rive (o delle spiagge per le acque lacuali) ed il tutto forma il complesso della demanialità idrica. 
Relativamente ai corsi d’acqua, l’alveo è definito dal volume di terreno o roccia naturalmente interessato dal deflusso delle acque di piena frequente (così come definito nel Piano di Assetto Idrogeologico - PAI) incluse le variazioni morfologiche e dimensionali conseguenti alla realizzazione di opere idrauliche. Il contorno dell’area che, nei corsi non arginati viene occupata dalla piena rara, si chiama riva interna, o sponda e quella contigua, riva esterna. Gli argini sono invece opere artificiali che vengono costruite per il contenimento delle piene. Sono senz'altro attribuibili al complesso demaniale idrico le rive interne, mentre gli argini, considerati elementi non essenziali del corso d’acqua, e più ancora le rive esterne, possono rimanere di proprietà privata dei comproprietari finitimi, seppure oberate di servitù pubblica. Se gli argini sono costruiti o espropriati dalla Pubblica Amministrazione devono ritenersi anch'essi demaniali in quanto iscritti al demanio a seguito di specifico procedimento amministrativo. 
Sulla demanialità dei fiumi e torrenti, intesi come acque fluenti ed alveo pertinenziale annesso, non vi è alcun dubbio dato che il Codice Civile addirittura li menziona esplicitamente. 
Per “le altre acque definite pubbliche” a cui fa riferimento il Codice Civile si devono intendere tutti gli altri corsi d’acqua formati da acque (pubbliche) naturalmente fluenti aventi una qualsivoglia denominazione locale (rivi, fossati, scolatori etc.), indipendentemente dal regime idrico, sia che costituiscano affluenti naturali di qualsivoglia ordine e grado di corsi d’acqua o bacini imbriferi più importanti, sia che essi stessi si esauriscono o spaglino. Non è rilevante il fatto che essi siano o meno stati interessati nel corso del tempo dall'intervento di privati o della Pubblica Amministrazione.
Infatti, l’art. 93 del R.D. 25 luglio 1904, n. 523 “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie” indica quale oggetto delle funzioni tecnico amministrative di Polizia Idraulica gli alvei “dei fiumi, torrenti, rivi, scolatori pubblici e canali di proprietà demaniale” ed inoltre specifica che “formano parte degli alvei i rami o canali, o diversivi dei fiumi, torrenti, rivi e scolatori pubblici, ancorché in alcuni tempi dell’anno rimangono asciutti.” 
L’estensione dell’individuazione dei corsi d’acqua demaniali non può che comprendere le sorgenti, sia che si tratti di fiumi, torrenti o di altri corsi d’acqua diversamente denominati, in quanto ne costituiscono di fatto il loro caput fluminis. 

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Dalle suindicate definizioni, tese ad individuare il reticolo idrico demaniale, occorre invece distinguere i canali artificiali, interamente costruiti per opera dell’uomo, e tra essi distinguere quelli costruiti da privati o dalla Pubblica Amministrazione, quelli a scopo di bonifica e/o di irrigazione. 
Circa i canali costruiti da privati si deve fare riferimento al R.D 1775/1933. Se i canali sono costruiti in regime concessorio, in quanto opere necessarie all’esercizio della concessione stessa, sono da considerarsi di proprietà fino alla scadenza dell’atto di concessione. L’acqua che defluisce nei canali rimane pubblica e non perde la sua natura giuridica di bene demaniale. L’acqua può essere derivata unicamente dal concessionario nei modi, nelle quantità, per il periodo e per le finalità riportate nell’atto di concessione, essendo stato ritenuto dalla Pubblica Amministrazione tale uso compatibile con il pubblico interesse. Al termine della concessione, se viene meno il diritto del privato a derivare ed utilizzare l’acqua demaniale, le opere realizzate ed esercite dal privato in forza della concessione sottostanno al destino per essi previsto dalla legge medesima:
per le grandi derivazioni (artt. 25, 28 29, 31 del R.D 1775/1933), le opere passano in proprietà della Pubblica Amministrazione (sia le opere in alveo demaniale che le opere di adduzione distribuzione ed utilizzazione); 
per le piccole derivazioni, la Pubblica Amministrazione ha il diritto di ritenere gratuitamente le opere realizzate sull’alveo, sulle sponde o sulle arginature (opere di derivazione, estrazione e raccolta) o di obbligare l’ex concessionario a demolirle e ripristinare lo stato dei luoghi. Nulla viene detto delle opere fuori alveo (opere di adduzione, distribuzione ed utilizzazione) il cui destino pertanto non è disciplinato dal R.D 1775/1933 e che restano quindi assoggettate alle disposizioni del Codice Civile. 
Tra il novero dei canali privati sono generalmente iscritti i canali d’irrigazione che si configurano quali opere oggetto di concessione ai sensi del R.D 1775/1933. 
Sono fatti salvi i casi di canali artificiali appartenenti al patrimonio dello Stato: essi sono pubblici e demaniali in forza di una specifica disposizione normativa. Tra questi vanno annoverati i canali demaniali d’irrigazione ora trasferiti al demanio delle Regioni per effetto della legge 27 dicembre 1977, n. 984 (Canale Cavour e i canali appartenenti alla cessata Amministrazione Generale Canali Demaniali d’Irrigazione, il Naviglio di Bereguardo, il Naviglio di Pavia, il Naviglio Martesana, il Canale Muzza e il Cavo Sillero). Sono altresì demaniali i canali navigabili classificati come tali dalla vigente normativa speciale in materia di navigazione. In tali canali vi scorrono acque pubbliche appositamente immesse a garanzia della navigazione e destinate anche ad eventuali altri usi purché compatibili. Tra essi si annoverano, il Naviglio Grande e il Naviglio di Paderno. 
Sono considerati pubblici e demaniali, ancorché artificiali, i canali di bonifica realizzati dallo Stato o dalla Pubblica Amministrazione direttamente ovvero mediante i Consorzi di Bonifica secondo le disposizioni del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215 “Nuove norme per la bonifica integrale”. In tali canali vi scorrono le acque pubbliche che essi stessi provvedono a drenare e ad allontanare dai terreni più depressi recapitandoli in altri corsi d’acqua pubblici. La polizia delle acque - limitatamente ai predetti canali - si esercita ai sensi del R.D. 8 maggio 1904, n. 368 “Regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi”. 

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In sintesi, al fine di addivenire ad una corretta individuazione del reticolo idrico demaniale regionale su cui esercitare le funzioni tecnico amministrative concernenti la Polizia Idraulica, si forniscono le seguenti indicazioni:

  • sono demaniali i corsi d’acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche estesi verso monte fino alle sorgenti dei medesimi (comprendendo i corsi d’acqua naturali affluenti di qualsiasi ordine), nonché tutti i corsi d’acqua naturali anche se interessati da opere ed interventi di sistemazione idraulica realizzati dalla Pubblica Amministrazione o da privati con finanziamenti pubblici; 
  • sono demaniali i canali di bonifica realizzati dallo Stato o con il concorso dello stesso ancorché non direttamente ma per il tramite dei Consorzi di Bonifica di cui al R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, nonché i canali destinati all’irrigazione ed alla navigazione demaniali in forza di una specifica disposizione normativa. 

Restano esclusi dal demanio idrico i canali artificiali realizzati da privati, nei quali le acque (pubbliche) vi sono artificialmente ed appositamente immesse in base a specifici atti di concessione ai sensi del R.D 1775/1933. 
Restano, altresì, esclusi i canali appositamente costruiti per lo smaltimento di liquami e di acque reflue industriali e i collettori artificiali di acque meteoriche.