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Questo Piano vuole accompagnare Milano verso il 2030 proseguendo l’evoluzione positiva della nostra città a partire da tre nuove finalità: estendere il buon momento di Milano a tutte le fasce anagrafiche e sociali, tenendo conto dell’incremento di popolazione soprattutto under 35 e over 85; allargare la crescita a tutti i quartieri, non solo a quelli che ne hanno beneficiato negli ultimi anni; coniugare lo sviluppo con il miglioramento delle condizioni ambientali, di qualità della vita, dell’offerta di verde.
Questo percorso si configura in 5 obiettivi che son stati al centro degli incontri pubblici di maggio alla Triennale di Milano:

  • Una città connessa, metropolitana e globale
  • Una città di opportunità attrattiva e inclusiva
  • Una città green, vivibile e resiliente
  • Una città, 88 quartieri da chiamare per nome
  • Una città che si rigenera

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Vogliamo quindi creare le migliori condizioni perché la nostra città possa accogliere al meglio i nuovi abitanti, affrontare gli elementi di sofferenza e le contraddizioni urbane, mettere al centro della proposta lo spazio pubblico. La qualità delle piazze, delle strade, dei giardini, la vitalità dei piani terra assumono quindi un ruolo nei progetti anche maggiore rispetto all’edificato.
L’urbanistica non può tutto in una città, ma su alcuni punti deve creare politiche forti per conseguire questi risultati.

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Per accogliere al meglio i nuovi abitanti serve un’offerta abitativa che veda crescere la quantità di housing sociale e di affitto, anche nell’edilizia libera. Le norme vanno in questa direzione.

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Per una città più sostenibile non solo vengono previsti 20 nuovi parchi, ma si creano le condizioni per la nascita di un grande Parco Metropolitano ai bordi comunali da integrare con oltre 1 milione di metri quadri di aree da vincolare nel Parco Sud, riducendo il consumo di suolo del 4%.

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Per far crescere gli investitori privati anche fuori dal centro città e accompagnare gli investimenti pubblici nei quartieri popolari vengono individuate delle aree di densificazione che si basano sul principio che gli obiettivi pubblici e di qualità battono le regole tradizionali urbanistiche dentro una regia pubblica. Ci si aspetta che Milano 2030 trasformi quindi i capilinea della metro, le principali stazioni ferroviarie e un sistema di 7 piazze lungo la cerchia filoviaria che oggi rappresentano interruzioni urbane da risolvere, così come lo sono gli scali ferroviari, trattati nell’Accordo di Programma del 2017 che per tanti contenuti anticipa questo Piano.
Le principali aree oggetto di dibattito pubblico, dalla Goccia alla Piazza d’Armi, hanno le stesse regole e sono dedicate alle Grandi Funzioni Urbane.
Milano vuol dire lavoro, per questo le regole sostengono la rigenerazione urbana soprattutto del tessuto produttivo, con una drastica riduzione dei costi legati ai cambi di destinazione d’uso e una sostanziale indifferenza funzionale tra il produttivo e le altre attività economiche con l’obiettivo di far crescere i posti di lavoro. Non ci sono solo incentivi, ma anche penalità per chi, ad esempio, non recupera gli edifici abbandonati.

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È un Piano che considera il ruolo di Milano su più scale, quella che la vede città internazionale e leader in Italia, al centro della Pianura Padana e dell’Area Metropolitana Milanese, ma anche quella più umana e di quartiere, in cui le grandi trasformazioni hanno senso se accompagnate alla cura degli spazi di prossimità.